Onorevoli Deputati! - Il settore dell'ordinamento giuridico sull'immigrazione e sulla condizione giuridica dello straniero ha conosciuto negli ultimi anni molteplici interventi normativi: si pensi, per citare solo quelli più significativi, alla «legge Martelli», ai «decreti Conso», ai vari «decreti Dini», al testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (cosiddetto «Turco-Napolitano»), alla legge 30 luglio 2002, n. 189 (cosiddetta «Bossi-Fini»), fino al recente decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 novembre 2004, n. 271.
Tali interventi hanno ricercato il difficile equilibrio tra esigenze di controllo dei flussi migratori, prospettiva dell'accoglienza e tutela della sicurezza e della repressione dei comportamenti penalmente rilevanti, attraverso la previsione di nuove forme di espulsione, nuovi strumenti esecutivi degli allontanamenti, nuove fattispecie di reato, nuove circostanze aggravanti, nuove ipotesi di arresto.
I drammatici episodi di cronaca degli ultimi giorni rilanciano il problema della correttezza della visione dell'immigrazione come problema complesso e non esclusivamente di ordine pubblico.
A fronte di un fenomeno che presenta pertanto le necessità di approcci plurimi per la definizione delle sue intrinseche criticità, sarà forse necessario procedere a un ripensamento complessivo della filosofia di fondo della disciplina dello straniero in Italia, anche se nell'immediato appare necessario fornire, anche sotto il profilo normativo, una pronta risposta all'emergenza costituita dai massicci sbarchi di clandestini avvenuti in questi ultimi giorni sulle coste italiane, che ha determinato
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gravi problemi di ordine pubblico, ma soprattutto insopportabili costi in termini di vite umane, costituendo al contempo un chiaro esempio di degradazione delle condizioni di vita cui persone disperate si sono volontariamente sottoposte alla ricerca di una condizione migliore, affidandosi a mercanti di uomini senza scrupoli.
Il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, recante il testo unico sull'immigrazione, così come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 (cosiddetta «Bossi-Fini»), contiene numerose sanzioni penali e rimedi di tipo giudiziario e amministrativo volti a contrastare il fenomeno dell'immigrazione clandestina, con particolare riferimento agli sbarchi di massa di clandestini a bordo di natanti. L'articolo 12 del citato testo unico e, in particolare, le aggravanti di cui al comma 3-bis approntano un apparato sanzionatorio particolarmente rigoroso; esso, tuttavia, necessita, congiuntamente ai rimedi processuali previsti, di taluni «mirati» aggiustamenti volti a consentire un approccio repressivo complessivamente più efficace.
Il testo proposto si compone di quattro articoli.
Con le modifiche introdotte dall'articolo 1, si sono volute disciplinare le condotte di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina che si differenziano essenzialmente per le modalità con cui vengono effettuate, a prescindere dall'esistenza dello scopo di lucro, cui è stata data rilevanza come autonoma aggravante. Il comma 1, lettera a), del citato articolo 1 rimodella, infatti, la fattispecie di reato prevista dal comma 1 dell'articolo 12 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, sanzionando con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona, chiunque promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni recate dal medesimo testo unico, ovvero compie altri atti diretti a procurarne l'ingresso illegale nello Stato od in altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza.
La successiva lettera b) sostituisce integralmente il comma 3 del predetto articolo 12. Il testo proposto sanziona, come autonoma figura di reato, con la reclusione da cinque a quindici anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona la condotta di chiunque promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni recate dal medesimo testo unico, in presenza di determinate modalità, che sono in larga parte riprese dal vecchio testo del comma 3-bis e ricorrono se:
a) il fatto riguarda l'ingresso o la permanenza illegale nel territorio dello Stato di cinque o più persone;
b) per procurarne l'ingresso o la permanenza illegale la persona è stata esposta a pericolo per la sua vita o la sua incolumità;
c) per procurarne l'ingresso o la permanenza illegale la persona è stata sottoposta a trattamento inumano o degradante;
d) il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti;
e) gli autori del fatto hanno la disponibilità di armi o materie esplodenti (aggravante aggiunta con il presente disegno di legge).
Con tutta evidenza, le sanzioni previste dalle disposizioni ora illustrate non saranno applicabili nei confronti di coloro che abbiano agito in stato di necessità ovvero per effettuare operazioni di soccorso in mare, peraltro obbligatorie in base all'attuale normativa.
La lettera c) sostituisce il comma 3-bis dell'articolo 12, prevedendo un aumento di pena per i reati di cui al comma 3, ove ricorrano due o più ipotesi tra quelle previste dalle lettere da a) ad e) del comma 3.
La lettera d) riformula integralmente il successivo comma 3-ter, che nel testo proposto prevede ora due distinte circostanze
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aggravanti: quella della destinazione allo sfruttamento minorile o dell'avviamento alla prostituzione (già prevista nel testo anteriormente vigente) e quella della finalità di trarre profitto, anche indiretto, dalla condotta criminosa. Quest'ultima modifica si è resa necessaria alla luce delle difficoltà frequentemente emerse, sul piano probatorio, di dimostrare la sussistenza del dolo specifico, che determinava spesso una derubricazione della fattispecie criminosa, con tutte le relative conseguenze in materia sanzionatoria e cautelare.
Si è inoltre operato un più razionale inquadramento sistematico dei profili processuali correlati ai reati in epigrafe, prima tutti ricompresi nel comma 4 della disposizione in esame.
L'articolo 1, comma 1, lettera e), del presente disegno di legge sostituisce il comma 4 del citato articolo 12, che ora concerne solo la previsione dell'obbligatorietà dell'arresto in flagranza per i casi previsti dai commi 1 e 3.
L'articolo 1, comma 1, lettera f), introduce il comma 4-bis dell'articolo 12 in oggetto. Si è ritenuto in proposito che il gravissimo allarme sociale e le devastanti perdite di vite umane cagionate dalla condotta criminosa e irresponsabile dei cosiddetti «scafisti» rendessero necessario un ripensamento dei criteri di proporzionalità e di adeguatezza nella scelta delle misure cautelari, imponendo nei casi aggravati una sorta di «presunzione di sussistenza di gravissime esigenze cautelari» (articolo 274 del codice di procedura penale), in modo del tutto analogo a quanto previsto in tema di criminalità organizzata.
Il testo proposto prevede, quindi, di mutuare l'attuale formulazione dell'articolo 275, comma 3, del codice di procedura penale, rendendo di regola applicabile la misura cautelare custodiale qualora vi siano gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati di cui al comma 3 dell'articolo 12, salvo che non risulti dagli elementi acquisiti l'assenza di esigenze cautelari, proprio in considerazione delle efferate modalità con cui viene posta in essere la condotta criminosa in esame.
Si è poi introdotto, sempre con il medesimo articolo 1, comma 1, lettera f), il comma 4-ter, che riproduce i vecchi contenuti del comma 4, nella parte relativa alla confisca obbligatoria dei natanti.
È stata invece espunta la previsione dell'obbligo di procedere con rito direttissimo: tale norma appare infatti confliggere con la complessità dell'attività investigativa correlata a queste ipotesi delittuose ed appare asistematica rispetto alla previsione dell'articolo 233 delle norme di attuazione del codice di procedura penale. Si ritiene peraltro che la previsione dell'arresto obbligatorio in flagranza già consentirà l'utilizzo «ordinario» del suddetto rito alternativo mediante l'applicazione degli articoli 449 e seguenti del codice di rito, senza necessità di introdurre ulteriori deroghe alla disciplina generale.
L'articolo 2 include i reati di cui all'articolo 12, comma 3, del citato testo unico fra i delitti di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), numero 7-bis) del codice di procedura penale.
Tale previsione, ampliando i termini di durata massima delle indagini preliminari per i delitti summenzionati, presenta un duplice vantaggio: consentire lo svolgimento di investigazioni spesso complesse, in quanto volte a contrastare fenomeni internazionali che richiedono l'attivazione di procedure anche di cooperazione internazionale la cui farraginosità è ben nota; consentire, altresì, un prolungamento dei termini di durata di custodia cautelare ai sensi dell'articolo 303 del codice di procedura penale.
L'articolo 3 contiene la cosiddetta «clausola di invarianza», non comportando il presente disegno di legge nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. Non si redige, pertanto, la relazione tecnica sui profili di carattere finanziario.
L'articolo 4 prevede che la legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.